E’ già qui la hora de despedirse: te das cuenta?

Confusa: felice e al contempo, triste per le emozioni delle despedidas, torna alla mente la famosa domanda iniziale: “Che cos’è un volontario SVE?”…

Ad oggi, la sola definizione apoyo ai docenti è, forse, troppo sintetica.

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Perchè qui, nelle scuole per bambini “speciali”,  dove mancano risorse umane ed economiche, neppure i docenti si possono chiamare solo docenti: si trasformano in mamme, papà, animatori, psicologi, puericultori, nutrizionisti, operatori all’infanzia, fisioterapisti, istruttori di nuoto e all’occorrenza, anche in operatori informatici, tecnici audio e video, facchini, autisti…

Dunque, il volontario SVE è chiamato a mettere in campo, davvero, tutto quanto sa fare. A volte, ci si sente depauperati delle proprie risorse, non si sa da che parte iniziare, non si vedono gli effetti immediati del proprio lavoro. Allora, si ripensa al cosa ti ha portato dall’altra parte del mondo, al dover dare un senso, per forza, a questa spedizione oltre-oceano e… ci si rimbocca le maniche. E si ricomincia, ci si appiglia alle proprie risorse umane e professionali, teoriche e pratiche, fisiche e mentali. Ciò che ti può definire un professionista su carta è solo una fetta del tuo operato, una risorsa a cui attingere, ma sempre accompagnandola ad una buona dose di umiltà. Qui le necessità materiali hanno sempre la priorità. Spesso, si agisce e basta. E poi, con lo scorrere del tempo, si rimette in ordine il tutto.

Qui, in Perù, il processo dell’inclusione dei bambini “especiales” all’interno della scuola regolare, è tutt’ora in corso e piuttosto lento. Fatta la legge, è difficile renderla pratica a tutti gli effetti.

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Gli ostacoli sono tanti: gli insegnanti della scuola regolare che non sono attrezzati per accogliere alunni difficili, i genitori che spesso non conoscono le potenzialità dei proprio figli con disabilità e non sono proprio in grado di pretendere di più per loro, la scarsità di  risorse economiche che rendono insormontabili alcuni limiti concreti degli handicap e poi a monte, lo Stato. Un giorno, le parole di una professoressa hanno infelicemente sintetizzato tutte queste dinamiche: “Qui, i bambini speciali nessuno li vuole…il governo non si preoccupa di loro…per molti genitori sono un peso e li portano a scuola solo per essere più liberi”. Questa ovviamente è una spaventosa generalizzazione. Purtroppo, però, in ancora troppi casi è esattamente così.

Di fronte a tutto ciò, la missione delle scuole speciali assume tutti i tratti di “un’impresa eroica” – come sono state definite durante i giorni di formazione al nostro arrivo.1376325_10151667633826080_1870109821_n

Mentre al primo sguardo di un volontario venuto da lontano, ciò che le scuole riescono a dare ai bambini “speciali” sembra troppo poco. Questo poco, però, si è riempito di senso, soprattutto, guardandolo attraverso gli occhi delle pioniere, di coloro che hanno iniziato davvero dal nulla.

E’ portarli al mare per farglielo vedere per la prima volta.

E’ organizzare una festa per il loro compleanno ed è il regalo dell’angelito a Natale per ricordargli che sono bambini.

E’ farli ballare p20131219_105928erchè è la cosa che li diverte di più.

E’ anche spingerli in altalena perchè alcuni genitori non ne hanno tempo o non ne possono comprendere la necessità perchè prima di tutto si deve lavorare, ma di certo, non per avanzare di carriera, bensì per tirare avanti.

Tutto il resto, tutto quello che è più importante per il domani dei bambini speciali che un giorno saranno adulti speciali passa in secondo piano, per cause di forza maggiore.

La fisioterapia, la logopedia, un sostegno psicologico alla famiglia, un medico, un dentista, un’operazione chirurgica, una sedia a rotelle giusta, un deambulatore…sono tutte risorse “fortuite”, risultato sudato dello sforzo di tanti che devono aver lavorato molto, condividendo il medesimo spirito di cambiamento e spinti prima di tutto dalla propria volontà. Perchè qui, il primo e fondamentale passo per cominciare a cambiare le cose è che chi ha bisogno d’aiuto, comprenda di averne bisogno e capisca a chi rivolgersi. Tutto questo è stata la mia quotidianietà…

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Il progetto termina. Arriva inaspettato e troppo in fretta il momento di appendere al chiodo i panni da volontaria SVE.

Si passa il testimone ai “nuovi” volontari (perchè noi in effetti, siamo invecchiati tanto durante questi otto mesi!!!) con l’augurio che la stessa voglia di essere ingranaggi di un circolo virtuoso possa animarli come ha “ri-animato” me di fronte alle piccole-grandi difficoltà dell’essere una volontaria SVE. Que les vaya bien!

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Informazioni su Serena Di Domenico

Vive a Cava de' Tirreni, una ridente città della Campania. Ha 26 anni, una laurea in Psicologia dei processi relazionali e dello sviluppo e una tesi all'attivo sulle strategie di coping dei docenti con i bambini delle scuole speciali di Arequipa. E' felice e soddisfatta di svolgere il servizio volontario europeo all'estero, anche se sempre legata a quanto ha lasciato in Italia. Certa, però, che non ci sia ricompensa materiale equivalente al lavorare con i bambini...

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