“Fue el Estado!” Ripetono i manifestanti, i collettivi, le organizzazioni, “Fue el Estado!” è il grido che accomuna tutte le persone che il 20 novembre, sono scese ancora in piazza per manifestare l’indignazione, la rabbia, per chiedere giustizia ad uno Stato che non solo non difende i propri cittadini e cittadine ma che usa sistematicamente la violenza contro di essi.
Il 26 settembre scorso un gruppo di ragazzi provenienti dalla scuola Normal Rural “Raul Isidro Burgos” di Ayotzinapa, Stato di Guerrero, sono stati fatti sparire mentre raccoglievano fondi per partecipare alla manifestazione del 2 di ottobre a Città del Messico. In un confronto diretto con la polizia locale sei di loro sono morti (alcuni dei corpi sono stati ritrovati con brutali segni di tortura), diciassette sono stati feriti e quarantatre sono scomparsi.
Il 7 novembre il Procuratore della Repubblica Jose Murillo Karam ha dato l’annuncio che i ragazzi desaparecidos sarebbero stati consegnati dalle forze di polizia locali al gruppo dei narcotrafficanti “Guerreros Unidos” per farli sparire; questi li avrebbero uccisi e ne avrebbero bruciati i corpi per poi seppellirli in una delle numerose fosse disseminate sulle montagne della zona. Lo stesso Procuratore peró non ha mai affermato che i resti trovati nelle fosse appartenessero ai ragazzi scomparsi, slegando ogni responsabilità statale dai fatti avvenuti: “Iguala non è lo Stato”. La vicenda, per le istituzioni, si è conclusa con l’arresto del sindaco di Iguala, José Luis Abarca, della moglie María de los Ángeles Pineda e dei tre sicari rei confessi, nessun altro responsabile né indagato.
Le affermazioni che invece provengono dai genitori dei ragazzi scomparsi e dalla societá civile sono opposte: la responsabilità è dello Stato, il legame tra le istituzioni ed i narcos è evidente. I famigliari non accetteranno i risultati delle indagini fino a quando non ci saranno prove certe che i resti siano quelli dei loro figli, fino a quel momento la richiesta rimane la restituzione con vita dei quarantatre desaparecidos.
Come afferma il Generale Gallardo in un’intervista rilasciata a Federico Mastrogiovanni per il periodico Variopinto[1] il rapimento “È stata una manovra militare […] Non è stata omissione, l’Esercito è complice”.
Le Escuelas Normales Rurales sono istituti che sorgono negli anni venti a seguito della Rivoluzione messicana e che si sviluppano su cinque assi tematici di cui uno è quello politico. I loro studenti hanno un forte legame con il territorio, appartengono alla classe campesina e saranno i futuri maestri delle comunità indigene. Lo studio e la vita in collettività e condivisione hanno permesso che gli studenti sviluppino una forte coscienza della loro condizione di emarginazione e al contempo che lottino per la loro autodeterminazione. Per questi motivi gli alunni e le alunne di queste scuole sono da sempre sotto attacco governativo, non è la prima volta che la repressione li/e colpisce, anche attraverso la sospensione di finanziamenti.
La pratica della desaparición forzada applicata contro i ragazzi è uno strumento che viene utilizzato in maniera sistematica dal governo messicano per far scomparire tanto le persone politicamente scomode quanto semplici appartenenti alla società civile, come monito. In Messico, ad oggi, non mancano solo i quarantatre normalistas, si contano circa 30 mila persone scomparse.
Alle manifestazioni di questi ultimi due mesi circa, alla rabbia e alle rivendicazioni delle famiglie dei quarantatre studenti si sono uniti: i gruppi femministi ed lgbti per ricordare come anche i femminicidi e le sistematiche sparizioni di donne e bambine siano un crimine di Stato; i gruppi in difesa della terra e contro gli espropri come quello di San Salvador Atenco; i vari collettivi e associazioni studentesche ed universitarie per il diritto all’istruzione pubblica, gratuita e di qualità.
E’ importante sottolineare come il Messico non sia uno Stato fallito ma che, per attuare le proprie politiche neoliberiste, elimina, desaparece (fa scomparire) e reprime chiunque si opponga ad esse, mantenendo uno stretto legame con il crimine organizzato.
¡Vivos se los llevaron vivos los queremos!
Articolo: Roberta Granelli
Foto: Giulia Iacolutti