La realtà di Città del Messico alla lunga può diventare un po’ opprimente. Il chiasso, l’inquinamento, la confusione che è in grado di generare questo formicaio di 20 milioni di persone possono trasformare una scampagnata fuori città in un vero e proprio toccasana; soprattutto per i ragazzi del centro educativo le cui famiglie quasi mai dispongono delle risorse per portarli in vacanza e per i quali la realtà di città è l’unica conosciuta.
Per questa ragione, il campamento (campeggio) annuale è un appuntamento molto atteso e pressoché irrinunciabile. Ogni anno, gli educatori del centro si impegnano per dare ai ragazzi qualche giorno di divertimento e riflessione al di fuori del contesto urbano, il più possibile a contatto con la natura o comunque in una situazione che possa dirsi “diversa”.
Quest’anno alcuni problemi con la raccolta fondi avevano fatto temere che non si sarebbe riuscito ad organizzare alcunché, ma grazie allo spirito propositivo dei ragazzi e alla caparbietà della signora Isolda (l’anziana e generosa coordinatrice) a meno di 24 ore dalla partenza si è riusciti a trovare un campeggio-parco acquatico disposto ad accoglierci.
Alle tre di un caldo pomeriggio messicano il bus è pronto alla partenza. I ragazzi sono eccitati e l’atmosfera è quella di una gioiosa confusione tipica delle gite scolastiche. Dopo aver caricato bagagli per sopravvivere a tre giorni di campeggio, partiamo alla volta del Maguey Blanco.
E’ la prima volta che mi trovo ad uscire dal D.F. in pieno giorno. Per risparmiare tempo fino ad ora avevo preferito viaggiare di notte e non avevo mai visto granché dei paesaggi messicani. Dopo aver passato la periferia della capitale, alcune zone degradate ed una gigantesca discarica a cielo aperto, i panorami aridi e polverosi che avevo visto nei western mi si materializzano davanti agli occhi. Nel frattempo i ragazzi (rigorosamente seduti nei sedili “in fondo”) chiacchierano e improvvisano giochi di carte, fra cui una discutibile versione di poker a carte scoperte. Mi ripropongo di insegnare loro come si gioca una volta giunti a destinazione, ma perderanno gran parate delle carte ancor prima di arrivare.
Il Parque Acuático Maguey Blanco è situato in una zona di acque termali dove piscine e parchi acquatici abbondano e garantiscono un’ampia possibilità di scelta. Nel nostro caso, l’economicità e l’immediata disponibilità ci hanno indirizzato verso questa struttura che si dimostra ben più attrezzata ed accogliente di quello che mi aspettavo. Una grande piscina per famiglie con diverse profondità (accessibile 24h su 24), due scivoli, un’area relax e un laghetto naturale nel quale tuffarsi da una corda sono le principali attrazioni del parco, alle quali si aggiungono una vasta area campeggio, allacciamenti alla rete elettrica, qualche gallina vagabonda e chioschi che offrono Piña Colada servita direttamente dentro l’ananas (oltre alle famigerate micheladas, mix di birra con salsa tabasco, limone, sale e peperoncino).
Al nostro arrivo però non c’è tempo da perdere: ci sono le tende da montare, materiale da trasportare e la cena da preparare. Nonostante alcune difficoltà nel montaggio delle casas de campaña (così si chiamano le tende) riusciamo ugualmente a finire in tempo per un primo bagno nella calda acqua termale di piscina. “Quando ci ricapita??” chiedono i ragazzi, che ancor prima di posare le borse hanno già indosso il costume. Molti di loro non vedranno una piscina per almeno un altro anno.
La notte nello stato di Hidalgo è fredda e umida. Il sereno, un’altissima e improvvisa umidità, piomba rapidamente su tutto ciò che è lasciato fuori dalle tende, inzuppandolo come se vi si fosse appena scaraventato un temporale. Asciugamani, scarpe e tutto ciò che i ragazzi dimenticano fuori dalle tende si rivelano la mattina seguente del tutto inservibili.
Nonostante i danni causati dal sereno, la giornata di attività e giochi scorre via senza grandi intoppi. Tra un bagno in piscina, un ruba bandiera e dei nopales (foglie di fico d’india) cucinati dalla signora Isolda, i ragazzi non hanno il tempo di annoiarsi. Emergono amicizie e piccoli attriti, cotte adolescenziali e piccole rivelazioni: gli ingredienti immancabili di ogni campo scuola. Non riesco a fare a meno di pensare a come gli adolescenti, di qualunque paese ed estrazione sociale essi siano, finiscano con il condividere le stesse inquietudini, gli stessi atteggiamenti, le stesse aspirazioni. Oltre all’esuberanza e allo spirito di ribellione tipico della loro età, i ragazzi messicani con cui mi trovo a lavorare si fanno poi notare per rispetto e buona volontà: non si tirano mai indietro quando si tratta di aiutare, ascoltano, ringraziano e propongono attività per coinvolgere il gruppo. A stupirmi in positivo è in particolare Pepe, uno dei ragazzi più problematici del gruppo, che dimostra in più occasioni una grande dolcezza e generosità.
A concludere l’ultimo giorno di campeggio c’è un’attività notturna: un gioco di ruolo dove i ragazzi, divisi in due squadre, devono cercare indizi sparsi per il parco acquatico mentre io ed un altro educatore (Héctor) cerchiamo di spaventarli travestiti da vampiri. Dopo quasi due ore di spaventi, agguati, scivoloni in acqua ed inseguimenti al buio i ragazzi sono contenti ma non ancora del tutto esausti (al contrario di me, vampiro imbranato e con un gran fiatone), tanto da lanciarsi senza esitazione in piscina per il bagno di mezzanotte.
Mentre aspettiamo che i più stoici di loro diano sfogo alle energie rimaste, decidiamo di accendere un bel falò. Ci ritroveremo tutti poco dopo intorno al fuoco, in silenzio, mentre i più bagnati cercano di asciugarsi. Il momento è così bello che diversi ragazzi tirano fuori i sacchi a pelo dalle loro tende e decidono di addormentarsi intorno al fuoco che va spegnendosi. Freddo e umidità sembrano non esistere per quelli che rimangono a dormire sotto le stelle. Uno spettacolo che, nella pur gigantesca e spettacolare capitale messicana, non si vede facilmente.