Situazione educativa peruviella

Siamo in Cina in una zona rurale non precisata. In una scuola una ragazzina di tredici anni, una bimba insomma, deve prendersi cura dell’istruzione e dell’incolumità di un gruppo di giovanissimi a causa dell’assenza improvvisa del  loro insegnante. La situazione che si presenta è di estrema povertà, l’aula non ha le finestre, mancano i banchi e i gessetti per scrivere alla lavagna; la scuola si trova in mezzo al nulla, la sporcizia regna sovrana e la povera ragazza è totalmente impreparata sia professionalmente sia a gestire la situazione.  La condizione per ricevere la paga è che, al ritorno dell’insegnante titolare non manchi all’appello neanche un ragazzo.
Questo è solo un film ma il vederlo ha dato a noi “volontari peruvielli”, durante l’incontro di metà anno svoltosi a Lima, l’opportunità di fare alcuni paragoni e di approfondire la situazione educativa nel Paese in cui stiamo operando, il Perù appunto.994494_10201726303459103_831526623_n

Le analogie con l’esempio del villaggio cinese, purtroppo, sono ancora molte.

La maggior parte di noi infatti sta svolgendo il proprio servizio volontario in istituzioni educative, principalmente primarie (le nostre scuole elementari), dislocate in vari punti del Perù. Alcuni di noi stanno lavorando al Nord (a Jaen e Fila Alta, Bruno e Roberta), altri al Sud (a Puno e Juliaca, Livia Francesca e Maria Luisa) e altri ancora  in un quartiere periferico di Lima (a Villa Maria, Marta e Veronica). Tutti hanno avuto quindi la possibilità di toccare con mano situazioni di precarietà e di disagio e di constatare le condizioni educative attuali.

Il primo problema saltato subito all’occhio riguarda la scarsa preparazione e le poche motivazioni da parte dei maestri, del personale docente. Molte delle persone che scelgono qui di diventare insegnanti di scuola primaria non lo fanno per una passione interiore, come dovrebbe essere data la difficoltà, a volte, di lavorare con i bambini, ma semplicemente per il fatto di non essere riuscite a essere ammesse ad altri percorsi universitari. Una decisione di ripiego, quindi, che inevitabilmente porta a un’assenza di interesse che si trasmette anche ai ragazzi.

I professori sono poco puntuali (caratteristica diffusa in quasi tutti la popolazione peruviana) e soprattutto hanno una preparazione accademica e pedagogica alquanto mediocre. Inoltre  non vengono aiutati e supportati dal ministero dell’Educazione. Infatti mentre a Lima, nello sfarzo di un salone della Plaza Mayor, vengono premiati tredici maestri con medaglie e onorificenze e grandi parole di crescita, in tutto il Perù migliaia di maestri “anonimi” non hanno possibilità di corsi di aggiornamento, non vengono aiutati con l’indicazione di un metodo di insegnamento da seguire, vengono oberati di incarichi e non vengono appoggiati con un sistema di supplenza in caso di assenza da parte di uno di essi. Se un maestro si ammala o per motivi personali (come nel film della ragazzina cinese sopra accennato) deve prendersi giorni di permesso, i suoi alunni rimangono soli e gli altri maestri e il direttore della scuola devono farsi in quattro per coprire il collega.996797_10201726312339325_1691701302_n

La mancanza di sostegno si rivela ancora più forte in quelle situazioni rurali in cui invece dovrebbe essere più presente. A Fila Alta per mancanza di personale docente i maestri sono costretti ad accorpare i corsi unendo così i bambini di sette anni con quelli di undici – come accadeva anche in Italia con le pluriclassi – ma creando discrepanze di preparazione e facendo avanzare nell’apprendimento, di conseguenza, solo i “migliori”,  non potendo seguire tutti. In certi casi un insegnante si ritrova a dover gestire classi di cinquanta bambini.

Guardando la struttura fatiscente della scuola del film cinese, i volontari hanno trovato molte corrispondenze. A Fila Alta la struttura educativa non è adeguata alle esigenze, è costruita con “fango armato con paglia”, manca la corrente elettrica; a Villa Maria, la scuola, costruita su una delle colline aride della periferia limeña non ha acqua corrente, la situazione igienica è sempre a livelli bassissimi, la scuola galleggiante de Los Uros sul lago Titikaka non ha corrente elettrica, acqua e bagni.

A questa mancanza di risorse essenziali si aggiunge anche una difficoltà nel gestire e curare le risorse esistenti.  Per esempio a volte si predilige l’acquisto di uno specchio – suppellettile puramente estetica – alla riparazione di vetri rotti da cui entra il freddo mattutino. Sono insufficienti anche gli strumenti didattici e spesso sono gli stessi professori che devono comprarli di propria tasca (Fila Alta).

La sola scuola (delle “nostre” ) che gode di una buona struttura e dell’aiuto costante da parte dello Stato è la scuola primaria di Puno. Una scuola gigantesca, con saloni, sala mensa, cortile, sala computer, e il tutto per appena quaranta bambini: le grandi incongruenze peruviane.

Un altro punto grave e importante, in modo negativo, è l’abbandono scolastico da parte dei ragazzi. Per molti, come è bene illustrato nel film, è difficoltoso raggiungere la scuola soprattutto in determinate occasioni. Quando la pioggia si abbatte in maniera torrenziale, come succede nella selva, scendere dalle colline è praticamente impossibile. Quindi la maggior parte abbandonano la scuola per mancanza di mezzi e  anche per esigenze lavorative. Tanti ragazzi, soprattutto in provincia, aiutano i genitori nel periodo del raccolto nel campo quindi spesso si assentano per lunghi periodi.

Il nostro progetto prevede, appunto, di aiutare i ragazzi lavoratori nello sviluppare un “trabajo digno”, senza rinunciare all’educazione scolastica, ma a volte le esigenze della famiglia e alcune priorità sono troppo forti.

In molte delle nostre scuole è stata riscontrata una scarsa partecipazione da parte dei genitori dei ragazzi. Non c’è molta comunicazione tra i maestri e le madri o i padri di famiglia che perciò partecipano poco alle attività della scuola, disinteressandosi delle problematiche e delle ripercussioni che esse hanno sui loro figli.

Ma per fortuna non in tutte le istituzione scolari è così. Per esempio la scuola de Los Uros è stata costruita interamente dai padri di famiglia di questa piccola comunità e di concerto con i professori si provvede a risolvere ogni problema strutturale, così si vive in quelle piccole aule galleggianti.

Anche a Villa Maria è stato creato un Comitato di gestione dei padri di famiglia che si riunisce in assemblea ogni due settimane. Si discute di qualsiasi tipo di problema: dallo stipendio da pagare per il nuovo professore di inglese, alla raccolta di soldi per comprare una nuova bombola di gas, alle migliorie da apportare ai vari saloni, ai nuovi strumenti didattici. E nessun padre e nessuna madre, nonostante la maggior parte di loro versi in condizioni di povertà si tira indietro. Durante queste assemblee ho potuto “toccare con mano” l’importanza dell’educazione che sente un genitore per il proprio figlio.

 C’è ancora molto da migliorare per portare l’educazione scolastica peruviana a livelli che le compete. Ma c’è una cosa che tutti i bambini dovrebbero imparare e di cui i bambini peruviani hanno da vendere. È la solidarietà che si dimostrano l’un l’altro e la voglia di imparare che li caratterizza sempre. Non importa la mancanza di risorse o la condizione della struttura scolastica se c’è la perseveranza, se c’è la volontà di raggiungere in ogni caso un obiettivo.164619_10201726315419402_897593090_n

Questo articolo è stato pubblicato in Perù, Stand up for education, Valutazione intermedia e contrassegnato come , , da Carlo Botti . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

Informazioni su Carlo Botti

Mezzo umbro e mezzo romagnolo, nasce e cresce tra le rive poco salubri del lago di Varese. Durante gli anni di studi classici e giuridici nel grigiore varesino e milanese comincia a sviluppare un’allergia alla sedentarietà iniziando, così, ad intraprendere sortite esplorative all'esterno. Dapprima nella vicina Europa e successivamente sempre più lontano, per la gioia di mamma, arrivando quasi a toccare tutti e 5 i continenti. Aspira a lavorare nella cooperazione, e a cercare di migliorare un poco le cose dando il proprio aiuto. “Tre grandi passioni, semplici ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la sete d’amore, la ricerca della conoscenza e una struggente compassione per le sofferenze dell’umanità” (B. Russell)

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