Bagamoyo, 21 Settembre 2013
Questa settimana ho partecipato alla mia prima missione di monitoraggio per il distretto di Bagamoyo. Una settimana di tante prime volte. Una settimana di incontri, di strette di mano, di saluti che piano piano comincio ad imparare, di occhi che ti guardano e ti sorridono, di colori accesi, di veli sovrapposti uno sull’altro a coprire i corpi delle donne, di risate, di preghiere che senti venire la sera dalle moschee.
Sono partita con Chausiku, una mia collega di Bagea, (l’ong locale con cui collaboro) e Peace, la facilitatrice del CVM (mia ong di invio) che segue i gruppi femminili di microcredito, i gruppi di vedove, i grupppi sulla violenza contro le donne e quelli dei progetti di sensibilizzazione in materia di educazione e diritto allo studio per le ragazze. Il monitoraggio era fatto per verificare l’andamento sopratttutto di questi ultimi. A compleatare il gruppo l’autista del CVM.
Un omone che sa l’inglese ma non lo parla perchè la sua missione è insegnare lo swahili a tutti i volontari che arrivano. E che prende le strade tanzaniane come se fossero autostrade europee dimenticandosi che qui c’è il piccolo particolare dello sterrato, delle buche e delle infinite deviazioni.
3 giorni tra un susseguirsi di villaggi dai nomi esotici..Viguasa, Pera, Pingo, Diozile, Ubena, Bwilingu, Msoga (che è la città di origine del presidente Kikwete), Mboga, Lugoba.. Ovunque storie e incontri, straordinari nella loro ordinarietà. Storie di povertà, di fatica, di diritti negati o non ancora consapevoli. Storie di piccola violenza ma anche di piccoli successi e sorprese, come quando le donne di uno dei gruppi di microcredito ci raccontano che da alcuni mesi fanno volontariato in ospedale e aiutano i bambini in difficoltà della scuola del villaggio. Senza averne fatto la minima pubblicità.
Faccio fatica a capire, colgo una parola in un discorso intero. Ma è bello anche cosi. Anche solo aspettare sotto un albero l’arrivo dei gruppi, anche solo guardare le persone negli occhi, strigere loro la mano..soprattutto quelle delle anziane, mani nodose, con le unghie cortissime e spesso tinte di giallo per la terra e il lavoro nei campi..e sorrisi acquosi e dolcissimi..anche quando ogni tanto gli occhi si velano di lacrime..
Giorni di prime volte….la prima volta in Guest House, sorta di piccoli affitta camere che qui trovi praticamente in ogni villaggio. La prima colazione alla tanzaniana, con un tazzone di thè alla cannella e muhogo, (la kasawa o patata dolce) tagliata a pezzi e fritta nell’olio che ti fa sentire sazio fino a sera. E il the allo zenzero fortissimo alla sera. E la frequentazione dei baretti-baracchini-locande sulla strada, dove puoi trovare riso con carne e fagioli, servito in piatti di latta che hanno tanti scomparti diversi per le diverse componenti del pranzo, e pesce fritto, e le immancabili chipsy – patatine fritte, che qui trovi ovunque e che ti vengono spesso portate “da asporto” dentro sacchietti di plastica nera..e ugali, la polenta bianca, e banane in tutte le salse, bollite, grigliate, servite con insalata di pomodori, in zuppa con la carne, con i fagioli… E le cameriere che ti portano una brocca d’acqua per lavarti le mani perchè poi si mangia con quelle, appallottolando il riso o l’ugali e intingendolo dentro le salse. E masai che sbucano da tutti gli angoli, vestiti con i tradizionali teli, i bastoni, i lobi delle orecchie forati che ci puoi fare passare dentro tre dita per i pesanti orecchini che portano, e sgommano via in moto..si sono modernizzati pure loro..
E la prima proposta di matrimonio, ricevuta proprio da un masai mentre eravamo in un baretto per il pranzo. È stato l’autista a dirmelo. Io ho ringraziato declinando gentilmente l’offerta, dicendo che non sarei stata una brava moglie visto che non cucino per niente. Quando l’autista ha tradotto ha suscitato l’ilarità generale. E i paesaggi..spazi immensi, brulli, alberi che sanno di Africa finalmente, proprio quelli che vedevo nei documentari da bambina quando sognavo di visitarla quest’Africa cosi lontana..e case di fango e case di cemento con i porticati, e greggi di capre e palme, e poi di nuovo terra brulla, baobab e nuvole.
Devo ancora trovare una definizione soddisfaciente di inculturazione. Per me qui adesso è anche questo.