Arriviamo in Messico, destinazione Aguascalientes, dopo 3 scali, 1 oceano. Un viaggio interminabile di cui, anche per colpa del fuso orario, non riesci a calcolare la durata. Quando stai per giungere allo stremo della sopportazione, lo schermo ci tiene ad avvisarti che stiamo sorvolando un’improbabile Itaca nordamericana.
Infine ecco, ti accoglie un cielo che sembra più vicino e nuvoloni come meringhe giganti anche, poi in ordine sparso:
- i peperoncini rossi della huerta e la conseguente facile predizione di quello che sarà l’ “segreto” di ogni pasto;
- un sole che ti picchia in fronte come un instancabile battitore di béisbol,
- le domande a bruciapelo ed un po’ scapestrate dei seminaristi che tentano bonariamente di instaurare contatti interculturali;
- montagne di tortillas, che dopo appena qualche giorno arrotoli su una mano con l’abilità innata di equilibrista gitano;
- le risate dei bambini che non riescono a pronunciare il tuo nome, appena prima di scoprire che ti chiami proprio come il loro nonno emigrato chissà quanti anni prima;
- gli apparentemente innocui “picos de palomas” sottolio che ti vengono offerti con indubbia generosità ma (soprattutto) nell’ammiccante attesa di quell’esplosione che il tuo viso di gringo mostrerà…
Che altro? Siamo appena arrivati, un pò di pazienza insomma… Saludos.