Rughe indelebili

Sono trascorsi ormai sei mesi da quando sono in Perù. Durante il mio servizio SVE sto avendo l’opportunità di viaggiare molto e di vedere posti bellissimi, solo sognati fino ad oggi, di conoscere persone nuove ed interessanti con alle spalle storie avvincenti, di confrontare le mie idee e il mio modo di pensare con quello di uomini e donne che vivono a migliaia di km da casa mia, ma sto anche vedendo il lato oscuro dell’America Latina, di parte di quel sud del mondo che, negli ultimi anni tanto sta crescendo e si sta sviluppando, ma che porta ancora sulle spalle il peso del colonialismo europeo, di uno sfruttamento che è durato secoli e che non le ha concesso, nonostante le grandi risorse minerarie, agricole, ma anche umane ed intellettuali, di sviluppare quei processi di cambiamento politico, economico e sociale di cui il vecchio continente è stato precursore.
Uno degli aspetti sui quali spesso mi soffermo a riflettere e che è facilmente visibile nella quotidianità, quando esco per strada, vado al mercato a fare la spesa, prendo l’autobus o più semplicemente mi travesto da turista, è quello delle tante persone anziane costrette a lavorare forzatamente per poter sopravvivere.DSC09796
In America Latina, troppo spesso ci si dimentica che i diritti non hanno età, che le persone anziane rappresentano la storia, le radici, la memoria di un paese. Oggi, purtroppo, gli anziani continuano a soffrire di molteplici privazioni, sono costretti alla povertà estrema e a fare a meno di un’assistenza sanitaria di base. Dovranno lavorare sempre, per tutta la vita, finché resisteranno, non c’è alternativa. Quasi tutti dopo aver speso gran parte della propria esistenza a sudarsela quella vita, facendo i più umili lavori senza alcun tipo di contratto come si dice qui ”formale”, o comunque riconosciuto dalla legge e di conseguenza senza alcuna tutela sanitaria e previdenziale, sono costretti a continuare a sgomitare, a faticare, ad affannarsi per poter andare avanti.DSC09505
C’è chi dopo una vita trascorsa a lavorare la terra, con i segni del duro lavoro dei campi sulle mani e sul viso, continua, fin quando le proprie forze glielo concederanno a coltivare e a rivendere i frutti del proprio sudore, sugli autobus, agli angoli delle strade, nei mercati.
Altri si inventano un lavoro che il proprio corpo indebolito dal tempo e logorato dalle prove della vita, possa reggere. C’è chi vende caramelle o cioccolatini per strada o chi, dopo essersi procurato una vecchia bilancia, staziona en la calle, sperando che qualche passante voglia controllare il proprio peso pagando un solsito per questo umile servigio.
Chi proprio non può fare di più, indossa gli abiti tipici della tradizione andina e appostato nei pressi di quelle che sono le principali attrazioni turistiche, si accontenta di lasciarsi fotografare chiedendo in cambio qualche moneta.
Alcuni, più semplicemente, sul ciglio delle strade, si limitano ad elemosinare un morso di pane.
Sono loro i nonni d’America Latina coloro che dopo una vita passata a sacrificarsi per dare un futuro, non un futuro migliore, ma semplicemente un futuro ai propri figli, non saranno mai ricompensati per tale fatica.P1080280
Probabilmente leggendo queste righe molti potranno obiettare che ormai anche noi “occidentali” non ce la passiamo meglio, la stampa italiana, sempre più di frequente, racconta di “nostri” anziani sorpresi a rubare tra gli scaffali dei supermercati per fame, perché la pensione non basta, si può presumere che con la crisi economica che attanaglia il nostro Paese, noi stessi, quando saremo anziani, non potremo beneficiare di alcun sussidio statale o moriremo lavorando senza riuscire ad ottenerlo, si può pensare ai nostri esodati, alla riforma Fornero e ai “buchi” nei conti della nostra cara INPS…ok, tutto vero, non c’è nulla da dire, ma non importa, cambia poco, non è una giustificazione, non è così che dovrebbe essere, né in Italia, né nel resto del mondo.
DSC07946Quegli sguardi intensi, spesso amari, quasi rassegnati, quegli occhi che ti fissano nascosti da quelle rughe indelebili, colpiscono, sembra vogliano parlarti, richiamano la tua attenzione, ti rimangono impressi nella mente e non possono essere cancellati.
Durante questi mesi, nella mia vita, è venuta a mancare una persona speciale. Quando a settembre sono partito per il Perù mi ha salutato come se, trascorsi questi otto mesi, non ci saremmo più rivisti, in cuor suo sapeva che sarebbe stato così, queste righe sono anche per lei.

Questo articolo è stato pubblicato in Educate Vocational Solidarity, Perù da Filippo Matonti . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

Informazioni su Filippo Matonti

Ha 29 anni e vive a Cava de' Tirreni (SA). Ha conseguito la Laurea Magistrale in Servizio Sociale e Politiche Sociali presso l'Università di Napoli Federico II ed è Assistente Sociale Specialista iscritto all'albo A. E' fermamente convinto che incontrare l’Altro e la diversità, in qualsiasi forma essa si manifesti, costituisca un’opportunità di crescita unica e il punto di partenza per una vera rivoluzione culturale e di valori.

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