Oggi credo sia la giornata più uggiosa della rain season, e il caso vuole che proprio oggi abbiamo programmato di andare a trovare Temesgen, il ragazzino che un mese fa abbiamo riportato a casa: ci siamo accordati con i ragazzi che erano i suoi compagni di strada, perciò non possiamo mancare all’appuntamento.
L’ombrello, la giacca impermeabile e gli stivali non bastano per non essere lavati da questa pioggia che sembra aver perso controllo e direzione, come se fosse anche lei impazzita. Infatti, le mie scarpe, che come sempre ho lasciato fuori dalla porta di casa per il fango che si portano dietro (e dentro), erano fradice: non é bastato il tetto a ripararle dal diluvio della notte scorsa. Ed é così anche per quei bambini che ogni mattina vediamo dormire su quei marciapiedi sempre troppo stretti, sempre troppo freddi…ma loro se ne stanno li comunque perchè altro posto non hanno, e si confondono fra i cani che dormano intorno a loro.
Non bastava il freddo di questi giorni, stanotte anche la pioggia ha disturbato Hypnos non concedendo loro un po’ di pace.
Arrivate all’incrocio che fa da dimora ai nostri amici ci avviciniamo a quel pezzo di pavimento fatto di gelide piastrelle bianche. Alcune persone si stanno riparando dalla pioggia mentre aspettano forse un bagage. Mentre sull’angolo di questo spazio ci sono loro. Kesie è avvolto nella sua nuova coperta. “Nuova” perché un pazzo gli ha rubato quella che aveva prima e che me lo faceva riconoscere a distanza: una coperta gialla, con dei fiori colorati. Quella coperta era la sua casa, la sua giacca, il suo cappello, il “luogo” dove scaldarsi un po’. Ora ne ha una “nuova” verde scuro, a quadri azzurri. Non mi sono ancora abituata a questa sua nuova veste, sarà che questa è più comune, sembra la coperta più in voga a Debre Markos. Comunque oggi non avrei riconosciuto alcuna coperta perché Kesie che era avvolto non solo nella coperta ma aveva anche in un sacchetto nero delle immondizie, per ripararsi un po’di più da questa maledetta pioggia.
Ad un certo punto spunta una testa: ecco che il nostro arrivo ha svegliato Mekonen.
Ne manca uno: Abatihun. Ci chiediamo se sia ancora a Bahir Dar (una città turistica a 4 ore da qui). E onestamente mi chiedo se mai tornerà. C’e sempre il rischio e il timore che questi ragazzini incontrino chi (i cosiddetti broker) promette loro opportunità e lavoro nelle grosse città per sfruttare la loro ingenuità o disperazione, giocando così sul loro legittimo sogno di una vita migliore.
Ad un certo punto una delle due coperte che ricoprivano Mekonen si muove. Li, tutto stretto a se stesso, con la coperta grigia che lo ricopre completamente, c’è Abathiun. Si toglie la coperta dal viso per salutarci, ed eccolo li con il suo ciuffo di capelli che me lo fa apparire sempre così buffo. Il suo solito sorriso e le sue tante parole in amarico. Ci sorride. Gli chiediamo se è pronto a partire con noi…erano settimane che ne parlavamo. Ci guarda e ci fa intendere che non ha intenzione di muoversi. Ci saluta e se ne torna a dormire. Come biasimarlo, con un tempo così, chi c’avrebbe voglia di “uscire di casa” e di alzarsi dal “letto”!?!