Eccoci arrivati, eccomi tornato in questo grande continente. Ma cosa mi aspetta? Ah, questo proprio non lo so. Ho deciso di partire come un foglio bianco dall’Italia, senza chissà quali aspettative o chissà quali progetti. Sono partito per vivere a pieno questa esperienza e poter scrivere su questo foglio.
Diciamo che gli ultimi giorni prima della partenza avevo un gran miscuglio di emozioni forse legati allo lasciare la famiglia, a lasciare una vita costruita per 24 anni in uno stato occidentale o forse perché come mi ha detto una mia amica, non sono così “senza pensieri” come mi piace pensare. Comunque il tutto mi sono imbarcato, ed eccomi qua.
Da Kinshasa a Tshimbulu sono veramente un’infinità le cose che mi hanno colpito.
Innanzitutto, lo sguardo delle persone. In Kenya avevo già imparato a sopportare lo stare in mezzo all’attenzione per via del colore della nostra pelle. Ma gli sguardi che ho incontrato qui erano diversi. Mi sono trovato d’innanzi a sguardi più chiusi, severi, impenetrabili, di persone che non vogliono condividere con te più del necessario. Sono sicuro che questa è solo una mia impressione perché con le persone che ho avuto occasione di parlare come gli studenti di Kinshasa, i ragazzi del CASC di Tshimbulu, i passeggeri del volo Kinshasa – Tshimbulu e i bambini incontrati lungo la strada ho visto in loro una voglia di “conoscenza” molto grande. Questo stesso sguardo non l’ho trovato però ancora negli adulti. Forse ciò è a causa della durezza della vita di qui o per un retaggio negativo verso il colonialismo dei così detti “bianchi”.
Cosa mi ha anche molto colpito sono questi enormi cartelli pubblicitari trovati a Kinshasa. Provate ad immaginare solo per un attimo (purtroppo non ho delle foto): siete su un fuoristrada in mezzo ad una strada sterrata e molto sgangherata. Vi guardate attorno e quello che vedete attorno a voi è solo estrema povertà: piccole bancarelle che vendono qualche biscotto e qualche cianfrusaglia, mamme con i bimbi incollati alla schiena, sporcizia in ogni angolo, capre e maiali in mezzo alla strada, bimbi scalzi e vestiti alla belle meglio e poi… alzate lo sguardo e cosa vedete? Un mega cartello pubblicitario di una crema che serve per sbiancare la pelle degli africani per diventare più bianchi, più simili a noi! Un contrasto molto forte direi.
E i bimbi? Chiunque sia stato in Africa si ricorda cosa sono questi bimbi, le loro espressioni, i loro sorrisi. Qui le emozioni sono talmente tante che non sempre uno ha il tempo di elaborarle per capire cosa sta provando realmente.
Una cosa qui è certa. Bisogna essere pronti a fare e a imparare di tutto. Credo che queste prime 2 settimane passate qui ne siano la prova più concreta. Io prima di partire dall’Italia non conoscevo assolutamente nulla di ottica, ma proprio nulla. E ora eccomi qui, a montare lenti e occhiali, ad aver imparato qualcosa di nuovo.
C’est l’Afrique! A tutti quelli che mi chiedono o mi hanno chiesto il perché sono partito non ho ancora risposta. Sono partito perché sentivo di dover partire, né più né meno. La questione è molto semplice. Non credo nemmeno bisogni essere coraggiosi o incoscienti. Forse basta semplicemente seguire il proprio cuore, seguire ciò che uno sente dentro e vivere appieno questo suo sogno!