Livin’ la vida chola

Cholo è il termine usato in gran parte del Sudamerica per indicare in modo poco gentile una persona frutto di un incrocio di razze, più o meno scuretta, che, a meno di rare eccezioni (come il Presidente boliviano Evo Morales), non svetta certo ai vertici della scala sociale del paese di appartenenza. In Perù l’appellativo può essere usato in due accezioni: una, molto dispregiativa se uscita dalla bocca di un limeño, o comunque un abitante della costa, per indicare uno della sierra, cioè delle Ande; l’altra, addirittura affettuosa, quando usata fra serranos per sottolineare una profonda complicità, basata sul fatto di essere, oltre che amici, entrambi orgogliosamente cholos, o loro degni eredi. A seconda di chi parla, allora, il nostro amico andino può essere visto come a) un contadino, retrogrado, quasi anacronistico, non particolarmente colto e curato fisicamente, qualcuno con cui meglio non farsi vedere in giro, o b) un portatore di valori, bisogni, priorità diversi, appartenenti a un modo di vedere il mondo antico ma (ancora) non del tutto scomparso, qualcuno che tutti i fricchettoni del mondo vorrebbero come vicino di casa. DSC_0092

Poiché chi scrive sta svolgendo il servizio a Puno, capitale folklorica del Perù, sulle sponde del lago Titicaca sacro agli Incas, un posto che più cholo non si può, proviamo a scivolare dietro gli stereotipi e capire quali sono i pilastri del mondo andino, o perlomeno dell’altopiano. Procediamo per punti, 7, tanti quanti sono i colori della bandiera Inca.

1) Il Puma, il Condor, il Serpente. Appena uno arriva a Puno vede questi tre animali (soprattutto i primi due, il terzo è nascosto) sotto forma di statue giganti che svettano dai due mirador più alti della città. Non sono neanche così raffinate a dirla tutta, e allora perché ce le hanno messe? Perché queste creature rappresentano i tre livelli di vita inca, i tre mondi: il mondo di sopra, o il futuro = il condor; questo mondo, o il presente = il puma; il mondo di sotto, o il passato = il serpente. Tanto per mettere subito le cose in chiaro…

2) La Pachamama, quechua per «Madre Terra», la divinità inca per eccellenza da queste parti. Più che la dea della terra e della fertilità a me sembra più un essere vivo e onnipresente, dato che va ringraziata costantemente, le si fanno regali, ci si parla…e anche lei può parlare! Vuoi sapere se qualcosa ti andrà bene o meno? Per esempio, “sarà buono il pranzo oggi?”. Lei te lo dirà, basta riempire un bicchiere con una bibita qualsiasi (meglio se birra) e svuotarlo con forza per terra, lanciando in avanti e tracciando una linea: se è dritta, state certi che potrete leccarvi i baffi!

3) Reminescenze della cultura inca. Se sei di Puno sicuramente parli o capisci almeno una seconda lingua oltre lo spagnolo: quechua, se vieni dal nord della città, o aymara, se vieni dal sud. Preferisci curarti con le erbe che con i farmaci, e se le erbe non funzionano ti appelli al curandero -a meno che tu non sia seriamente preoccupato, in tal caso forse vai all’ospedale. Il 3 di maggio vai alla festa di Alasitas io desideravo ardentemente un'Inca Kola...a comprare miniature di qualcosa che desideri (una macchina, una casa, una laurea, un figlio, qualsiasi cosa…io desideravo ardentemente un’Inca Kola), poi a farle benedire dall’ekeko e infine a festeggiare, perché sicuramente il tuo desiderio entro l’anno si avvererà. Il 23 di giugno festeggi il capodanno andino, il momento in cui, essendo il sole nel punto più lontano dalla Terra, ri-inizia il ciclo della vita (ma non è che il 31 dicembre si tralascia, tutto fa brodo).

4) Le casse di birra. Sarà che un po’ di cervecita va sempre data alla Santa Madre Terra (letteralmente, anche se siete in un ristorante, qualcuno poi pulirà), e quindi le dosi vanno aumentate, ma qui l’unità di misura quando si esce a bere non è la bottiglia, bensì la cassa! Di conseguenza cambia anche tutta la fraseologia: “andiamo a farci una cassa?”, “la prossima cassa la offro io!, “scommettiamo una cassa?”, “quante casse avete bevuto?”, ecc. La cosa più importante da sapere, prima di mettersi intorno alla cassa di turno, è che tutti i bevitori useranno un solo bicchiere che passerà di mano in mano, di bocca in bocca…a meno che non vogliano fare i maleducati. NB: non si esce mai a bere la sera, si inizia sempre di giorno (anche di mattina). Se poi uno finisce di notte, complimenti.

5) Le papas. Le Ande non sono certo conosciute come terreni fertili e generosi con l’uomo, infatti la patata è uno dei pochi prodotti della zona. In compenso, anche nel mercato più sfornito potrete scegliere fra un numero indefinibile di tuberi, tutti destinati a un uso specifico. Non pensate di poter usare la stessa papa per fare la zuppa, le patatine fritte, il purè, le patate lesse…sacrilegio! Manco a dirlo, insieme al riso sono alla base dell’alimentazione dell’altopiano, se non ne mangiate almeno 15 a settimana c’è qualcosa che non va.

6) Le foglie di coca. Probabilmente la prima cosa che assaggerete da queste parti, per sopportare la pressione dei quasi 4000 m.s.l.m., si usano in tanti modi: per fare gli infusi, come chewin-gum, come farina per fare biscotti e caramelle, ma anche per farsi passare il mal di testa appiccicandosele sulla fronte e per connettersi con l’occulto. Chi sa leggere le foglie di coca può prevedere cose che devono accadere, o rivelare cose che sono già successe, come un malocchio o un incontro con un karisiri (un essere antropomorfo e malefico, la cui vicinanza causa immediatamente uno stato di ipnosi e grave malessere, da cui si guarisce semplicemente bevendo il sangue di un animale di colore nero appena ucciso e mangiando il suo grasso ancora caldo).

7) I balli. Il motivo per cui Puno è stata nominata capitale del folklore peruviano è il numero incredibile di danze autoctone della regione, si dice intorno alle 500. Pur non essendo tutte ancora attuali, è un’impresa anche solo riuscire a riconoscerne un decimo. Sono balli di gruppo, tutti con un loro significato e un vestito tipico. I più conosciuti sono quelli che si ballano, con un apposito costume iperluccicoso, durante le celebrazioni per la Vergine della Candelaria, la seconda festa più importante del Sudamerica dopo il Carnevale di Rio, in cui per una settimana tutta la città balla giorno e notte. Candelaria a parte, a Puno si balla sempre. Se sei di Puno e non balli, avrai dei grossi problemi sociali. Per questo è bene iniziare subito, appena si riescono a muovere i primi passi.

Se volete una conferma, potrete apprezzare nel video al link sotto la performance dei “miei bimbi”, in occasione dell’anniversario della nostra scuola. Non sarà una materia curriculare, ma poco ci manca.

https://www.youtube.com/watch?v=p-3eDNuQr5Y&feature=youtu.be

 

Questo articolo è stato pubblicato in Children: right to future!, Perù e contrassegnato come , da Francesca Berti . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

Informazioni su Francesca Berti

Nata e cresciuta in un paesello sperduto nella campagna senese, non esattamente collegato con il resto del mondo, sviluppa presto una certa propensione a costruire ponti. Purtroppo l'ingegneria edile non è il suo forte, allora pensa di diventare lei stessa un ponte: si lancia sull'insegnamento dell'italiano a stranieri, si laurea e inizia a "edificarsi" in alcuni punti del globo. Attualmente cerca tasselli mancanti in America Latina.

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