Primo giorno a Debre Markos. Disorientata, confusa, curiosa, spaventata, emozionata. Sveglia presto e subito si parte: c’è il primo incontro con Biruh Tesfa, l’associazione di bambini e ragazzi orfani o poveri o cosiddetti “di strada” con la quale lavoro.
Tra tutte queste facce nuove, belle, ce n’è una che mi è rimasta particolarmente impressa: occhi grandi, vispi e profondi, un sorriso nascosto, fintamente timido. Capelli corti che fanno un po’ maschiaccio, ma rigorosamente c’è il classico indumento femminile a far intendere che è una bambina. Mi sono un po’ rivista in quelle odiate gonne ingombranti che ti impediscono di essere completamente libera nei movimenti e che ti fanno sembrare così “femmina”. Io le odiavo, durante la mia tenera età. Poi si sa che con gli anni per fortuna e libertà si può sempre cambiare.
La settimana dopo Betzawit alla prima lezione di inglese ha scritto di sua iniziativa sulla cartellina che le avevamo preparato “I like Gio and Sara” (qui per tutti sono “Gio”, per farla più semplice e per non farmi storpiare quel mio nome che già non mi è mai stato simpatico!).
Al termine di quella lezione mi ha chiesto se l’avrei portata in Italia con me, le ho sorriso.
Capita a volte che tra due persone, anche diversissime per età, cultura, sesso, ideali o quant’altro, si instauri una certa complicità, talvolta al primo sguardo, altre alla prima chiacchierata. Con Betzawit credo sia successo durante quel primo incontro. Non so come ma io le ho voluto bene da subito.
Il secondo giorno di lezione ad un certo punto mi ha guardata e si è messa le mani intorno al collo. Ho pensato che avesse bisogno di aiuto per allacciare la collanina che aveva, ma poi ho compreso che in realtà mi stava chiedendo di togliergliela e così ho fatto. L’ho presa in mano dicendole “konjo!”, ed era vero, aveva proprio un bel ciondolo quella collana. Assomigliava un po’ alla vecchia collana che indossavo quel giorno, una collana che mi era stata regalata tanto tempo fa. Entrambe avevamo una collana a forma di cuore. Chissà se anche la sua le era stata regalata con tanto amore, io mi auguro di si!
Nel momento in cui ho provato a restituirgliela Betzawit mi ha sorriso scuotendo la testa, e un secondo dopo mi ha indicata con il dito: mi stava regalando la sua bella collana.
Questo suo dono, quel suo cuore è arrivato dritto al mio, e così l’ho cambiato sia il ciondolo che il cuore. E’ incredibile come questa bimba così minuta e piccina mi faccia sentire meno la mancanza della mia mamma. Lei si preoccupa per le mille punture sul corpo accarezzandomi la pelle (e per questo devo un grazie alle maledette pulci che hanno conquistato la mia casa e particolarmente il mio letto), mi sistema i capelli se li vede in disordine (praticamente sempre!), mi chiude la cerniera della felpa quando inizia a fare più freddo, mi da un bacio quando mi vede un po’ persa nei miei pensieri, mi prende la mano quando stiamo camminando, mi fa il solletico per giocare, mi canta una canzone dopo avermi chiesto se sono stanca…con lei non lo posso essere perché mi fa volare e quando mi cerca con lo sguardo e trova il mio mi fa sentire semplicemente bene, punto.