La montagna di lixo

E’ gia’ iniziata la mia settimana ad Hulene b, quartiere periferico della città  di Maputo, e anche quartier generale del “lixo”. Quando si arriva in un altra realtà  cosi’ diversa ed impattante, stranamente, si ha modo di constatare come i cinque sensi inizino a lavorare all’unisono: Tatto, gusto, olfatto, vista ed udito. Cosi’ e’ stato per me, appena uscita dall’aeroporto internazionale di Maputo, dopo aver attraversato in macchina quel piccolo pezzo di città’ fino ad arrivare a quella che sarebbe stata la sistemazione dei prossimi mesi.

A prima vista tutto sembra confusionale, sembra non avere senso. I colori caldi della terra che contrastano con i colori accessi delle magliette di giocatori di calcio piu’ improbabili. La strada, o meglio l’asfalto che è rimasto, sembra ormai implodere e la sabbia, invece, comincia a prendere il sopravvento. La spazzatura colorata, fastidiosa, onnipresente. La lingua portoghese e la lingua shangana (lingua bantu) che insieme si uniscono nel caos dei mercati a cielo aperto. Il vivere la strada, il contatto diretto, l’informalità. L’odore forte della spazzatura quando piano piano ci si avvicina ad Hulene b.

Tutto sembra non avere un senso a prima vista.

Il primo giorno alla “escolinha” sono arrivata accompagnata dal mio collega di lavoro. “E’ consigliabile farsi conoscere dalla gente del quartiere per poi girare da sola senza problemi”. E’ stato il consiglio del Padre Jorge, portoghese che da anni si occupa di educazione e di inserimento sociale di bambini ed adolescenti che si trovano a vivere in situazioni difficili, a volte in uno stato di assoluta povertà’, nei quartieri periferici della città’.

I bambini cantano, cantano per salutarti, cantano per chiederti come stai, cantano per fare la fila, cantano per imparare i numeri, cantano a ritmo di “batuque”.

La scuola e’ nel cuore del quartiere. Una piccola rete la separa dal resto. Mentre ascoltavo i bambini cantare dalle rispettive aule, incuriosita scopro come intorno all’edificio la vita continua. Una radiolina vecchia, un po’ di musica locale, 5 bambini di eta’ differente iniziano il loro show. Sorriso in bocca e ritmo nel sangue, uno ad uno si esibiscono mostrando al resto del gruppo le proprie abilita’. Poco distante ci sono tre donne che con instancabile dedizione fanno il bucato e chiacchierano tra di loro. Altri bambini corrono per la strada di terra calciando una bottiglia di coca cola come se fosse la loro palla. E cosi mi rendo conto della quantità  di bimbi in strada. La scuola non ha lo spazio sufficiente per ospitarli tutti. Sono di tutte le eta’: due, tre, quattro, cinque e sei anni. Corrono, giocano, costruiscono, ballano. Non sono con gli adulti, ma non sono da soli, sono in compagnia di altri bimbi che come loro passano la giornata scoprendo il quartiere.

Da lontano viene una nuvola di fumo. L’odore diventa fastidioso. Quasi si fa fatica a respirare. “Quando c’e’ vento, il fumo aumenta”, dice il mio collega. Chiedo allora da dove proviene. Mi porta davanti all’ingresso della scuola in un punto rialzato, giro lo sguardo e in quel momento vedo una montagna dai lineamenti arzigogolati che emana fumo, tanto fumo… Non e’ lontana dalla scuola. In cima poi si intravedono molte persone coricate che raccolgono materiale. Vengono chiamati “catadores” e prendono qualsiasi cosa possa poi essere venduta. Questo per loro e’ l’unica fonte di sostentamento. In quel momento avrei voluto fare una foto. Era impressionante ciò  che stava passando davanti ai miei occhi, ma non avevo con me la macchina fotografica. Era il mio primo giorno. Cosi’ ho passato due minuti a fissare la montagna e ad immaginarmi come una discarica potesse diventare parte integrante della vita di un quartiere della città’.

Torno a casa, provata dalla giornata e ansiosa di voler inserire in un quadro logico l’esperienza che ho appena vissuto, ma non ci riesco. So che non e’ cosi’ che si fa. O meglio, non subito e non prima di essermi liberata di quel bagaglio “europeo” che senza volerlo mi sono portata dietro.

Allora decido che per ora mi limiterò ad osservare. 

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