Chupe de viernes en San Martin de Porres

chupedeviernes

Il chupe de viernes è un piatto tipico della settimana santa arequipeña, ma nella scuola di San Martin de Porres, dove lavoro io, si mangia ogni volta che la dispensa è vuota e bisogna preparare qualcosa che sia nutriente ed economico. Emma, ausiliaria della classe di taller e all’occorrenza cocinera, mi spiega l’unica regola valida per preparare un ottimo chupe de viernes: niente carne!

Questa è la ricetta per 6 persone… ovviamente va adattata in base alla quantità di soles che abbiamo nel portafoglio al momento della spesa e ai nostri gusti.

2 cucchiai di olio, 1 cipolla tagliata fina e due spicchi di aglio, 2 cucchiaini di ajì, un rametto di huacatay (è una pianta dal sapore simile al sedano), 2 litri di acqua calda o brodo di pesce, 3 patate, 2 zucchine tagliate a cubetti, 1 pannocchia, 3 o 4 pezzi di zucca, mezza tazza di fave, 150 grammi di piselli, una tazza di riso bianco leggermente tostato (noi abbiamo abbondato, mettendo pure dei rigatoni avanzati da un pranzo precedente), una tazza di latte condensato, 6 uova, frutti di mare (che noi abbiamo sostituito con una scatoletta di tonno) e formaggio grattugiato a piacere.

La preparazione è semplicissima:

bisogna soffriggere nell’olio l’aglio e la cipolla, l’ajì e lo huacatay. Aggiungere il brodo (o l’acqua) e portare a ebollizione. Mettere poi la cipolla, le carote, la pannocchia, la zucca, le fave, i piselli e il riso. Una volta cotte le patate, aggiungere il latte condensato, le uova e salare a piacere. Il chupe è finalmente pronto. Si dovrebbe servire con frutti di mare e formaggio grattugiato.

¡Que aproveche!

Questo articolo è stato pubblicato in Educate Vocational Solidarity, Perù e contrassegnato come da Emanuela Stramenga . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

Informazioni su Emanuela Stramenga

"La maggior parte di noi si porta dentro, da sempre, un viaggio, che non è una semplice visita o una vacanza, ma un sogno. E va crescendo a poco a poco, costruendosi una delicata architettura. È un'amabile malinconia, che sviluppiamo con un complicato processo: senza voli aerei, senza tempo, senza soldi. Dalle palpebre verso dentro. [...] Un pezzetto dopo l'altro prende forma il paesaggio che riproduce una realtà che non si può toccare, ma forte come il vincolo che unisce un corteggiatore alla sua amante segreta. Credo sia una sorta di pellegrinaggio che ha a che vedere con il luogo a cui, per motivi misteriosi, sedimentati nei geni, sentiamo di voler appartenere."

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